Le città in cui ho vissuto mi hanno offerto la possibilità di riflettere sullo spazio urbano, in particolar modo quando è stato narrato da scrittori che amo. I romanzi di Daniel Pennac, cui ho dedicato la mia tesi di laurea, hanno costituito il primo stimolo a guardare Parigi con altri occhi. Da questa ricerca è nata una guida letteraria scritta in collaborazione con Anusca Ferrari. La scoperta di una possibile intersezione tra il mondo urbano e quello letterario mi è stata utile per leggere i romanzi come città testuali, e i luoghi reali come punti di partenza per una serie di variazioni letterarie. È stato interessante percorrere all’inverso il cammino del romanziere. Io e Anusca siamo partite dalla narrazione del luogo per arrivare ai luoghi delle narrazioni, in cui si iscrive la traccia di inimmaginabili vicende urbane. Queste sono spesso talmente inverosimili, che quando non sono taciute dai romanzi, vengono considerate frutto della fantasia dell’autore.
Il passaggio dalla rappresentazione letteraria di una (ex) periferia allo studio di una letteratura considerata “periferica” è naturale senza essere scontato.
Il soggiorno di ricerca in Martinica, così importante per me dal punto di vista umano, mi ha portato ad approfondire lo studio del rapporto tra urbanistica e letteratura. Fort-de-France è stata una continua scoperta per una lettrice maniacale come me. In qualsiasi posto andassi, mi sembrava di entrare in un romanzo, anche perchè, in pieno dottorato, ero immersa in quella cultura e in quell'ambiente, pur non essendovi mai entrata in contatto diretto. I giardini pubblici, chiamati Savane, erano per me il luogo della morte di Solibo Magnifique, uno dei personaggi di Chamoiseau. La biblioteca Schœlcher risvegliava ricordi di descrizioni austere, in particolare del timore reverenziale suscitato nei personaggi di Confiant. Quanto al vecchio municipio,è stato lì che ho incontrato Aimé Césaire, che fino a quel momento per me era una figura astratta, il poeta per antonomasia!
Anche le periferie di Fort-de-France che, come ovunque, hanno un aspetto vagamente inumano e impersonale, hanno costituito una tappa importante delle mie peregrinazioni. Il Morne Pichevin, il cui aspetto odierno ha ben poco in comune col quartiere malfamato e misterioso che evocano i romanzi di Confiant, conserva ancora qualche vestigia degli anni (’50 e ’60) che lo hanno reso famoso. Dato che me lo avevano sconsigliato, sono andata anche a Texaco, la famosa bidonville che ha ispirato un romanzo di Chamoiseau. Non mi sono mai sentita in pericolo: la ristrutturazione lo sta trasformando quasi in un quartiere residenziale, che come molte altre periferie, diventa losco dopo il calar del sole. Il confronto tra questi luoghi e le narrazioni che avevano ispirato, la constatazione di una sensibilità urbana e architettonica diversa da quella che mi era familiare, mi hanno portato a progettare un’altra guida letteraria: Fort-de-France o la città invisibile, nella quale sostengo che alcune delle caratteristiche proprie a Fort-de-France siano un lascito delle logiche della piantagione. In particolare, l’incertezza toponomastica della capitale Martinicana sembra corrispondere alla pratica del “nome segreto”.
Anche Modena, la città dove ho vissuto più a lungo, mi ha ispirato un progetto sullo spazio urbano e sulla sua ricaduta sulle nostre vite. In particolare, grazie al sostegno della Casa delle culture e al finanziamento della Cassa di risparmio, ho condotto un'indagine sul rapporto tra i cittadini extracomunitari e la mia città... Ho intervistato persone di età diverse e con storie diverse, accomunate soltanto dalla residenza a Modena e dall'esperienza di vita in almeno due paesi. Modena extra… ordinaria, è il risultato delle mie ricerche. Il libro è arricchito dalle fotografie del mio amico e fotografo Enrico Bertani.
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