martedì 8 luglio 2025

Tous Léger!


Sono gli ultimi giorni per vedere una bella mostra parigina: Tous Léger, fino al 20 luglio 2025 al Musée du Luxembourg (19 rue de Vaugirard), visitabile ogni giorno dalle 10,30 alle 19,00, notturna il lunedì.
Quasi 100 opere instaurano un dialogo tra Fernand Léger, figura di spicco dell'avanguardia del XX secolo, e gli artisti del Nouveau Réalisme (come Niki de Saint Phalle, Yves Klein, Arman, Martial Raysse e César), oltre a figure della Pop Art americana (Roy Lichtenstein, Keith Haring).
I temi trattati includono il riuso degli oggetti, la rappresentazione del corpo e del tempo libero, e l'arte negli spazi pubblici.
È una mostra piuttosto giocosa con una scenografia immersiva: lo spazio è molto colorato, perfetto per gli amanti della Pop Art come me (e i miei figli!). Tra l'altro l'ingresso è sempre gratuito per i minori di 16 anni e, previa prenotazione on line, anche per i minori di 26 anni.
Sono disponibili visite guidate, anche in inglese, e visite tematiche. Quando l'ho visitata, era molto affollata. Se ne avete l'opportunità, vi consiglio di approfittare delle aperture serali del lunedì: pare che sia più tranquilla.

lunedì 7 luglio 2025

Paris Noir

 

Per una volta vorrei parlare di una mostra che si è conclusa, qualora ve la foste persa: si tratta di Paris Noir, la penultima mostra del Centre Pompidou prima della sua chiusura per ristrutturazione. È stato molto stimolante per me immergermi, attraverso l'arte, nei temi del mio primo dottorato.


La mostra mirava a mettere in luce la presenza e l'influenza degli artisti neri a Parigi dal 1950 al 2000. Erano esposte più di 350 opere di oltre 150 artisti. La mostra è stata molto popolare (e frequentata) ed è stata accompagnata da conferenze, film, visite guidate a tema e podcast. A marzo si è tenuto anche un simposio al Centre Pompidou e al Musée du Quai Branly sull'identità nera e la memoria della schiavitù

 Le grandi figure di riferimento culturali sono le stesse che hanno influenzato gli scrittori su cui verteva la mia prima tesi: Léopold Sédar Senghor, Aimé Césaire ed Édouard Glissant. A quest'ultimo è stata dedicata un'installazione centrale che evocava il Black Atlantic e il pensiero del "Tutto-mondo".
La sezione che ho trovato particolarmente interessante è stata quella relativa alla resistenza e all'anticolonialismo: politicamente impegnate, le opere esposte riflettono le lotte per l'indipendenza, i diritti civili e l'identità nera postcoloniale.
L'autoritratto sul manifesto è di Gérard Sekoto; è stato dipinto nel 1947 ed è storicamente simbolico per la postura e lo sguardo scelti. Altri grandi nomi rappresentati in questa mostra sono Ed Clark, Bob Thompson, Romare Bearden, Christian Lattier, oltre a figure provenienti da pittura, scultura, fotografia e video, talvolta ancora raramente esposte in Francia. Alcune creazioni sono state appositamente progettate per la mostra da Valérie John, Nathalie Leroy-Fiévee, Jay Ramier e Shuck One, tra cui opere immersive e narrative (cartografie, collage, tessuti, archivi, ecc.).
Con questa mostra, il Centre Pompidou mi ha offerto l'opportunità di approfondire e perfezionare i concetti fondamentali che avevo studiato nel corso della mia prima carriera, attraverso un'immersione molto piacevole in mondi diversi, tutti incentrati sul concetto di libertà. Non vedo l'ora di scoprire cosa diventerà il Beaubourg tra cinque anni, quando riaprirà.

martedì 1 luglio 2025

Articoli pubblicati nel contesto del mio dottorato

La mia attività accademica non si esaurisce interamente nella redazione della tesi di dottorato. Sto scrivendo anche diversi articoli dedicati principalmente ad autori italiani. Qui di seguito trovate i riferimenti bibliografici di alcuni di questi articoli. Cliccando sui riferimenti potrete accedere agli articoli originali in lingua francese, mentre di seguito troverete un riassunto in italiano di ciascun articolo, nonché la traduzione del titolo e delle parole chiave.

Michela Murgia o la malattia come affermazione individuale e opportunità sociale
La sociologia mostra un interesse crescente nelle narrazioni individuali, specialmente per quanto riguarda l'esperienza della malattia. Tali narrazioni possono essere lette come uno strumento di comprensione della realtà. Michela Murgia (1972-2023) ad esempio, ha dichiarato pubblicamente la sua diagnosi di malattia terminale. Le narrazioni che emergono dalle sue ultime pubblicazioni, interviste e dichiarazioni hanno avuto un impatto sulla percezione pubblica della malattia terminale. Infatti, Murgia non solo ha usato la sua malattia come un'opportunità per raggiungere un pubblico più ampio e riformulare le idee che aveva sempre sostenuto, ma il corpus di testi orali e scritti che ha prodotto durante gli ultimi tre mesi della sua vita fornisce la prova di una narrazione performativa. Questo caso offre quindi una nuova prospettiva sullo studio dell'impatto sociale delle narrazioni individuali di malattie terminali.

Parole chiave: Michela Murgia, malattia terminale, narrazione, linguistic turn, performatività

L’hybridité comme méthode : Ahnen d’Anne Weber et Stirpe e vergogna de Michela Marzano, Trans-, Revue de littérature générale et comparée, numéro 30, 2024.

L'ibridità come metodo: Ahnen di Anne Weber e Stirpe e vergogna di Michela Marzano

Ahnen (2015) di Anne Weber e Stirpe e vergogna (2021) di Michela Marzano sono stati letti da diversi critici attraverso il prisma dell’ibridità, perché entrambe le opere fanno uso di elementi fittizi e di documenti realmente esistenti, ed entrambe le opere si riferiscono a due diversi sistemi linguistico-culturali. Tuttavia, la potenziale deviazione dalla norma che l’ibridità rappresenta non è mai stata presa in considerazione specificatamente nell’analisi di queste due opere. Questo articolo mostra che, grazie al suo potenziale destabilizzante e all’insorgere dell’inatteso, l’ibridità permette alle due autrici di prendere posizione contro i sistemi di valori nazista e fascista sui quali si interrogano, senza tuttavia aderire a una linea politica già data. L’analogia tra il potenziale dell’ibridità e il concetto di terzo spazio (Bhabha) conferma l’efficacia critica dell’ibridità intesa in questa accezione.

Parole chiave: Vaterland, Ahnen, Stirpe e vergogna, ibridità, terzo spazio, transculturalità

« La mort entre relation et autodétermination : Accabadora de Michela Murgia », Revue Fémur, revue étudiante de critique littéraire de l’Université de Montréal, numéro 8, printemps 2024.

La morte tra relazione e autodeterminazione: Accabadora di Michela Murgia

Accabadora (2009) di Michela Murgia (1972-2023) è un'opera che narra, tra le altre cose, la riappropriazione simbolica e materiale del fine vita. In effetti, se da un lato questo romanzo narra la morte come un elemento organico alla società sarda tradizionale, dall'altro associa anche la morte alla vita, e in particolare alla vita sociale. Grazie all'empatia e alla relazione, e in particolare alla relazione di cura, il gesto di dare la morte è narrato, in quest'opera, come un gesto d'amore che permette l'autodeterminazione sia del morente che dell'accabadora che lo finisce. La prospettiva di quest'opera, la cui trama si svolge nel corso degli anni '50, è stata attualizzata dalle dichiarazioni pubbliche dell'autrice, in particolare nell'ambito dei diritti civili, e nel contesto della malattia che l'ha portata a una morte precoce. La coerenza tra le scelte di vita e l'opera di Murgia ha sottolineato l'importanza di una morte degna nel contesto di un percorso esistenziale di realizzazione e di autodeterminazione.

Parole chiave: Accabadora, Michela Murgia, fine vita, relazione, autodeterminazione 

« Le traumatisme indicible dans l'écriture autofictionnelle de Michela Marzano »Revue ILCEA, Université Grenoble-Alpes, numéro 54, mars 2024.

Il trauma indicibile in Volevo essere una farfalla di Michela Marzano

In Volevo essere una farfalla di Michela Marzano, la narratrice presenta esplicitamente il testo come un enigma da risolvere e pare costruire la narrazione sulla base di una serie di indizi misteriosi. Per quanto affermi di aver superato l’anoressia, non esplicita le cause di questo superamento, né motiva la scomparsa del sintomo. Se queste ellissi permettono di mettere in parallelo la struttura di Volevo essere una farfalla e la definizione che Caruth dà del trauma, i trauma studies autorizzano a leggere l’opera come l’espressione di un trauma la cui origine risale alle generazioni passate. È pertanto significativo che Marzano abbia pubblicato in seguito Stirpe e Vergogna, che racconta le scelte e le vicissitudini del nonno come una fonte di vergogna per la protagonista.

Parole chiave: trauma, autofiction, Michela Marzano, Volevo essere una farfalla, non-verbale.

Quando si presenta l'opportunità di scrivere un articolo vicino alle tematiche che mi interessano attualmente, ma relative a un corpus afferente alla mia prima tesi di dottorato, non mi tiro indietro. Ecco un pezzo appena uscito che unisce in qualche modo le riflessioni che mi hanno impegnato nei miei due dottorati:

«Mort et maturation dans Le cri des oiseaux fous de Dany Laferrière», Revue Ponti/Ponts, Milano University Press, numéro 24, 2024.

Morte e maturazione in Le cri des oiseaux fous di Dany Laferrière 

Le Cri des oiseaux fous (2000) di Dany Laferrière (1953-) riscrive il mito di Antigone raccontando le ultime 24 ore che il protagonista trascorre ad Haiti tra l'annuncio della morte di un collega giornalista e l'inizio della propria vita all'estero. Per quanto la vicenda sia saldamente ancorata alla tradizione, alla cultura, alla religione e alla politica haitiane, il vagabondare del protagonista corrisponde a una riflessione sulla propria identità, soprattutto alla luce della vita e della morte del padre. In questo romanzo il lutto del narratore non mette direttamente in discussione la dittatura, ma innesca un'evoluzione verso una nuova maturità e una vita adulta in un paese straniero. Il romanzo può quindi essere letto attraverso il genere letterario del Bildungsroman, e non solo come mezzo per superare l'esperienza esistenziale della morte.

Parole chiave: Laferrière, morte, romanzo di formazione, lutto, dittatura, Haiti